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Montecalvo Versiggia, antico borgo dell’Oltrepò patria del Pinot nero

Montecalvo Versiggia (Muncalv in dialetto oltrepadano) è un piccolo comune dell’Oltrepò Pavese, patria del Pinot nero.

Il primo vitigno del Pinot fu importato dalla Francia più di un secolo fa e il clima favorevole ha fatto sì che la pianta si adattasse perfettamente alle nostre colline.

Oggi il Pinot viene coltivato  su una superficie di oltre 2000 ettari e vengono prodotte uve destinate a vini di grande pregio. 

Montecalvo Versiggia vanta un suo primato “personale”: con i suoi 28000 quintali si colloca al primo posto fra i comuni oltrepadani produttori di Pinot.

Dopo aver fatto visita ad una delle storiche cantine, Calatroni, Dezza o Torti, consigliamo di fare una bella passeggiata per il paese. 

Cosa vedere Montecalvo Versiggia:

Chiesa di Sant’Alessandro

La settecentesca parrocchia di Sant’Alessandro è decorata agli inizi del XX secolo da Rodolfo Gambini, autore, insieme a Luigi Morgari, degli affreschi nel Duomo di Voghera.

Madonna dell’uva

La Madonna dell’uva è una piccola chiesetta medievale, una pieve che raccoglie ancora oggi la devozione popolare in particolare durante il periodo della vendemmia.

Museo del Cavatappi

Nei locali della vecchia canonica è stato realizzato un originale Museo del cavatappi, inaugurato nel 2006, il primo in Italia aperto da un ente pubblico, con una collezione di oltre 200 pezzi di provenienze diverse e di forme differenti.

Castello

Il Castello di Montecalvo Versiggia può essere ammirato solo dall’esterno in quanto abitazione privata. Viene aperto in determinate occasioni, come le Giornate del Fai.

Edificato nel XII secolo, ricostruito nel XIII e successivamente rimaneggiato nel Quattrocento.  Da questo luogo, celebrato da Carlo Dossi e sede durante la Resistenza di un comando partigiano, è visibile l’intero paese collinare con attorno i suoi vigneti.

L’edificio, acquistato ai primi dell’Ottocento dai Pisani Dossi, è protagonista di una “leggenda” riportata dal celebre letterato e diplomatico Carlo Dossi nelle sue Note azzurre, che riguarda proprio la sua famiglia e le cantine che conservano, oltre alle volte in mattoni, botti antiche e attrezzi che testimoniano il profondo radicamento del paese nell’attività agricola e vitivinicola.