La Chiesa di San Francesco d’Assisi a Pavia, fondata nel lontano 1250, è un vero e proprio scrigno di storia e arte.
Sebbene abbia subito numerose ristrutturazioni nel corso dei secoli, che ne hanno modificato l’aspetto originale, il suo fascino storico è rimasto intatto, rendendola una delle chiese più affascinanti della città.
Nel 1739, l’interno dell’edificio fu oggetto di un’importante trasformazione, intonacato e arricchito da sontuosi stucchi barocchi.
Questa operazione, purtroppo, comportò la perdita di gran parte degli affreschi originali, che furono solo parzialmente recuperati grazie ai minuziosi restauri condotti tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento.
Le antiche mura di San Francesco custodiscono innumerevoli storie e curiosità, ma un elemento in particolare cattura l’attenzione e l’immaginazione dei visitatori: il coro ligneo posizionato sull’altare.
Il mistero del Coro Ligneo
Questo magnifico coro, realizzato nel 1484 dai fratelli Gio. Pietro e Gio. Ambrogio Donati, ha subito alcuni rimaneggiamenti nel XVIII secolo, ma conserva ancora le sue specchiature originali.
Originariamente composto da 34 dossali, oggi ne rimangono 28: quattro sono conservati nei Musei Civici del Castello di Pavia, mentre due sono purtroppo andati perduti.
Ciò che rende questo coro ligneo unico e straordinariamente affascinante è la presenza di intarsi che raffigurano un vero e proprio “tacuina sanitatis” dell’epoca – quello che nel Medioevo era considerato un prontuario farmaceutico.
Queste raffigurazioni vegetali non sono solo un esempio di rara bellezza compositiva, ma racchiudono anche numerosi significati simbolici. Identificarli tutti rappresenta una sfida intrigante per ogni visitatore, un invito a decifrare un antico linguaggio botanico.
I grandi restauri del Settecento non solo modificarono l’aspetto generale della chiesa, ma cambiarono anche la collocazione del coro. Dalla sua posizione originale di fronte all’altare, i dossali furono spostati dove li ammiriamo oggi.
Curiosamente, l’antica disposizione e la presenza di grandi finestre permettevano ai raggi solari di penetrare con diverse angolazioni durante l’anno, illuminando i dossali in base alle diverse fioriture o maturazioni mensili delle piante raffigurate.
Era, in pratica, un vero e proprio calendario che, oltre a scandire il tempo, forniva indicazioni farmacologiche di grande precisione.
I restauri settecenteschi non risparmiarono nemmeno le figure rappresentate negli intarsi. Alcuni personaggi sono stati rivestiti con abiti dell’epoca, e, ancora più sorprendente, sono state persino aggiunti degli elementi.
C’è un motivo in più per visitare questa affascinante chiesa: divertitevi a scovare le forbici e il fucile in mano a un cacciatore intarsiato.

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