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Sant’ Antonio Abate: la storia e il suo legame con Pavia

Il 17 gennaio si festeggia Sant’ Antonio Abate. In Lombardia viene ricordato come protettore degli animali e di chi coltiva la terra. Patrono di macellai e salumai, di contadini ed allevatori e protettore degli animali domestici.

La ricorrenza tramanda l’antica tradizione dell’accensione dei fuochi: le fiamme avevano un valore di purificazione ed erano propiziatrici per il nuovo raccolto. Si bruciavano simbolicamente anche le sofferenze e i dolori dell’anno precedente.

Ogni anno, sul sagrato della chiesa del Carmine, si tiene la tradizionale benedizione degli animali domestici.

Il legame tra Sant’ Antonio Abate e Pavia

Gli antoniani, chiamati anche ‘cavalieri del fuoco sacro’,  erano un ordine di canonici ospedalieri. Si dedicavano alle cure degli ammalati di ergotismo (il ‘Fuoco di San Antonio’) che cercavano grazia e conforto presso i santuari di Sant’Antonio Abate. Per curare questa malattia gli antoniani utilizzavano il grasso di maiale ed è per questo che avevano ricevuto dal Papa l’autorizzazione ad allevare nelle loro tenute anche questi animali. Ciò spiega anche perché il maiale sia spesso associato alla figura di S. Antonio Abate.

A Pavia si trovavano presso la zona al di fuori di Porta San Vito, oggi Porta Milano. Nel 1360 furono ‘sfrattati’ da Galeazzo II Visconti per la costruzione del Castello Visconteo e si trasferirono in Borgo Ticino, dove costruirono una chiesa con ospedale per il ricovero dei pellegrini.

A conferma dell’importanza che gli Antoniani del Borgo avevano ottenuto nella seconda metà del Quattrocento, è da ricordare che quando morì a Pavia Antonio Visconti, figlio naturale di Gian Galeazzo, venne sepolto nella Chiesa di Sant’Antonio. La chiesa pavese di Sant’Antonio, fu abbattuta pochi anni dopo il 1800, ma alcuni dei suoi resti si trovano in via dei Mille.

Altro legame tra Pavia e San Antonio Abate è ben visibile nella chiesa di San Teodoro ove spicca l’affresco ‘Veduta di Pavia’ di Bernardino Lanzani.

Qui l’imponente figura di S. Antonio abate, titolare della cappella e protettore del Borgo Ticino ( dove sorgeva l’ospedale a suo nome) seduto su di un tronco, benedice alla greca con il bastone monastico a forma di T corredato del campanello, suo tradizionale attributo. L’affresco venne realizzato come ex-voto della città per ringraziare Federico Gonzaga, che aveva difeso la città dall’assedio francese del generale Lautrec nel 1524.