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Torna l’allarme siccità! Il fiume Po a secco come in estate

L’assenza di precipitazioni significative ha già fatto scattare l’allarme siccità in pianura Padana alla vigilia delle semine 2023 con il fiume Po a secco. Al Ponte della Becca il livello del Po si trova a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate.

La perturbazione in arrivo nel prossimo fine settimana (25-26 febbraio) potrebbe portare un po’ di sollievo: il nuovo carico di pioggia e neve dovrebbe dare un’inversione di tendenza ad una situazione già preoccupante.

La nuova fase calda e asciutta di questo febbraio arriva a colpire un territorio già molto provato da un 2022 eccezionalmente secco: il 2022 è stato l’anno più secco mai registrato nel Nord-Ovest ed è mancato all’appello il 42% delle precipitazioni. Questo inizio di 2023 non sembra da meno.

A fine gennaio le riserve di acqua in Lombardia erano di circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020, il livello dei laghi era inferiore di poco più del 50%, mentre sulle montagne il manto nevoso era solo il 46,2% della media. Questa situazione porta ad una incapacità di soddisfare il fabbisogno irriguo dei prossimi mesi, se non vi saranno abbondanti precipitazioni nei prossimi mesi.

La situazione del fiume Po è rappresentativa delle difficoltà in cui si trovano tutti gli altri corsi d’acqua del Nord Italia con i grandi laghi che hanno percentuali di riempimento del 39% per il lago di Garda e il lago Maggiore fino ad appena al 21% di quello di Como. Ma si registra anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve nell’arco alpino ed appenninico.

Recentemente Coldiretti sul tema della crisi idrica in provincia di Pavia ha ribadito la necessità di creare bacini di accumulo ed evitare dispersioni della rete idrica tramite una pianificazione nel medio-lungo periodo con interventi strutturali.

Non c’è coltura, secondo il monitoraggio di Coldiretti Pavia, che non sia stata colpita dall’ultima crisi idrica, con percentuali di danno che vanno dal 40% dei cereali autunno-vernini fino al 60% delle foraggere, passando dal 50% del riso.